Rivista PERCUSSIONI
PEPPE CONSOLMAGNO
Di: Tatjana Kostiucick.
PREMESSA
PERCUSSIONI: QUALI SONO LE TUE RADICI? PEPPE CONSOLMAGNO: Provengo da una
famiglia di artisti. Mio padre è stato un P.: DEDICHI PARTE DEL TUO TEMPO ANCHE ALL'ATTIVITA' DI SCRITTURA CON UNA MARCATA IMPRONTA MUSICOLOGICA. CON CHI COLLABORI E QUALI SONO I TUOI LAVORI RECENTI? P.C.: Scrivere per me è un altro modo
per fare musica. E' dare voce allo stile che mi accomuna
a certe persone, ai modi di vedere la vita e la musica.
Mi piace raccontare e documentare in maniera precisa.
Collaboro ormai da anni con questa rivista, così come
anche con World Music, con Jazz 'N'Blues, 'N'Around, con
il Manifesto, con Strumenti Musicali nelle quali sono
usciti di recente altri miei lavori, quasi sempre di
stampo monografico e musicologico (monografia sulla
"Capoeira", sul "Berimbau", un
articolo su "Registrare le percussioni",
l'intero Ultrasuoni sul "Didjeridu"). P.: A PROPOSITO DI INTERNET, COSA NE PENSI? P.C.: Una grande cosa! E' estremamente
utile, rapido da consultare e soprattutto libero.
Superate le spese iniziali, di acquisto, di manutenzione
e di aggiornamento, fatti i relativi abbonamenti, perso
un sacco di tempo quando qualcosa non funziona, internet
è un mezzo? "economico". Si tratta comunque di
un'altra maniera per esserci. La mia pagina web è stata
curata da Europa Jazz Network :
http://www.ejn.it/musicians/consolmagno.htm P.: E DELLA CRITICA MUSICALE? P.C.: La guardo con sospetto. Non mi piace farla e anche quando sono costretto, non mi piace leggerla. Spesso il proprio futuro è in mano più ai critici che alle esigenze della gente. P.: SEI STATO PER DUE ANNI CONSECUTIVI L'UNICO EUROPEO INVITATO AL FESTIVAL BRASILIANO PERC PAN. COSA CI PUOI RACCONTARE? P.C.: Il Perc Pan, vale a dire il Panorama Mondiale della Percussione, è un festival che si tiene da cinque anni a Salvador - Bahia in Brasile nel periodo di marzo. Da quattro è sotto la direzione artistica di Nana Vasconcelos e Gilberto Gil. E' stato proprio Nana che mi chiamò per partecipare a questo festival in qualità di giornalista, a patto di recensirlo per l'Italia. Niente di gratuito come vedi. Tu sai quanto sono legato al Brasile, pertanto accettai con grande piacere e soprattutto tenni fede a quello che mi era stato chiesto. Il risultato del mio lavoro è stato: il primo anno sette recensioni su riviste del settore musicale, precedute da informazioni a tappeto inviate per fax o per telefono; il secondo anno invece, una pagina fatta in diretta dal Brasile per il quotidiano Il Manifesto, quattro lunghe e dettagliate recensioni su altrettante importanti riviste del settore, oltre trecento foto scattate e dieci ore di registrazione delle quali al mio ritorno mi sono servito per realizzare una trasmissione alla Radio Rai Tre a Roma, in diretta, per la durata di un'ora e dieci minuti. L'invito mi era stato fatto anche per quest'anno da Nana, purtroppo le cose sono andate diversamente. Peccato!
P.: LA VOGLIA DI INTERESSARSI A STRUMENTI LONTANI DALLA CULTURA EUROPEA ED ADDIRITTURA DI COSTRUIRTELI DA SOLO, DA DOVE E' VENUTA? P.C: Dalla necessità di arrangiarsi, dall'adorazione per i dettagli, dall'amore per la natura con i suoi colori, con i suoi odori e sapori. Un'altra esigenza che mi accompagna da sempre è quella di avere un rapporto molto stretto con lo strumento. L'idea di prendere in mano uno strumento comprato in un negozio mi ha sempre posto una serie di problemi legati alla loro stessa denominazione, alle loro origini e finalità, ai materiali con i quali erano costruiti. Il mio punto di partenza è sempre stato lasciar "parlare" prima gli strumenti e successivamente "dialogare con loro". E' un modo per fare musica, non l'unico è ovvio, ma è quello con il quale mi sento a mio agio. P.: COSA VUOL DIRE PER TE COSTRUIRE UNO STRUMENTO MUSICALE? P.C.: Costruirsi uno strumento aiuta a
conoscerlo, a capirlo, a rispettarlo. Passando attraverso
le sue fibre riesci a comprendere come si esprime.
Costruire qualcosa che produce un suono non è difficile,
costruire uno strumento musicale è complicato ma non
impossibile. Un vero strumento musicale deve essere
maneggevole, robusto nel tempo, pratico nell'uso, di
bell'aspetto, soprattutto deve suonare bene e con
disinvoltura sia in studio che dal vivo, sia in
situazioni acustiche che elettriche. Il costruttore di
strumenti musicali deve fare da ponte fra la creatività
spontanea e la necessità di soddisfare le esigenze
immediate del musicista. Ho già detto molte volte che
quando uno strumento musicale che fa parte di una
determinata cultura viene suonato male in maniera
impropria, senza conoscere la sua collocazione, la sua
forma e le sue fibre, suona male. E' estremamente
limitativo considerare solo l'approccio ritmico,
escludendo così un visione più ampia, che tenga conto
della spazialità, della gestualità, del timbro, della
parola, degli stessi simboli che si incontrano nelle
funzioni rituali. In alcuni paesi esiste proprio la
filosofia del "gesto musicale", che porta
intere famiglie a dedicarsi alla costruzione degli
strumenti musicali. Gli strumenti, considerati come fonte
sonora, P.: LA COSTRUZIONE DI STRUMENTI MUSICALI TI HA PORTATO ANCHE UN GROSSO RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE. MUSICISTI COME NANA VASCONCELOS, GLEN VELEZ, TRILOK GURTU, CYRO BAPTISTA, DUDUKA DA FONSECA, PAOLO VINACCIA E ALTRI TI HANNO RICHIESTO DI COSTRUIRE PER LORO ALCUNI STRUMENTI. COME E' ANDATA ESATTAMENTE? P.C.: Nana è conosciuto come lo
specialista mondiale del berimbau e del caxixi. Per me è
il principale referente. E' nato tutto da lui. Ero
a casa sua a New York quando mi chiese di costruirgli i
caxixi, fu una sensazione piacevolissima ma allo stesso
tempo mi sembrò quasi una cosa normale, dal momento che
conoscevo perfettamente le sue necessità. La cosa è
andata avanti, oggi lui ha altre cose mie, come un
piccolo "udu" e un certo quantitativo di caxixi
per poterli vendere nei workshops in giro per il mondo.
P.: PER QUANTO RIGUARDA LA TUA ATTIVITA' CONCERTISTICA HO AVUTO MODO DI VEDERE CHE FAI DA MOLTO TEMPO E CON SUCCESSO IL TUO SPETTACOLO DA SOLO. COME E' FATTO E SOPRATTUTTO COME CI RIESCI? P.C.: Il concerto Solo Performance,
"Timbri dal Mondo"® (nome che mi è stato
suggerito da Marco Boccitto), è un racconto che si
sviluppa in nove - dieci brani, tutti composti da me,
della durata di circa un'ora e mezza. Un tempo unico in
cui utilizzo la voce - usata come strumento e cantata - e
strumenti a percussione - melodici e timbrici - in gran
parte autocostruiti. Secondo me è importante sapere di
potersela cavare anche da solo. E' una esperienza
coinvolgente e di enorme responsabilità. Il mio
spettacolo è modulare, così posso propormi anche in
forma ridotta, la performance di P.: NELLE TUE COLLABORAZIONI CON ALTRI MUSICISTI COME TI COMPORTI? P.C.: Sai come è l'ambiente musicale, se sei conosciuto come uno che fa spettacoli da solo difficilmente ti viene proposto di collaborare con qualcuno. In questo periodo sento molto la necessità di fare nuovi incontri musicali. Purtroppo non si incontrano facilmente buoni amici con cui condividere la musica e divertirsi. Comunque sia, quando suono con gli altri, mi sembra tutto più facile. Sono più libero e non devo tenere in mano tutta la situazione, come accade quando faccio i miei concerti da solo. Mi posso permettere nei miei interventi molta più improvvisazione, estemporaneità ed essere più solare. P.: HAI UN RAPPORTO PARTICOLARE ANCHE CON L'ELETTRONICA. COME LA UTILIZZI E IN QUALE MISURA? P.C.: Devo dirti che mi fa un po
arrabbiare! Fosse anche solo per il fatto che sono
costretto ad attingere ai negozi, a personale
tecnico e di conseguenza sottostare alle logiche di
mercato. In ogni caso, tutte le volte che si passa
attraverso un microfono, è necessario fare i conti con
l'elettronica. Fa parte della nostra vita e anche nella
musica la convivenza con essa è necessaria ed utile.
L'utilizzo di una strumentazione molto P.:USI MOLTO ANCHE LA VOCE. A DIRE IL VERO SEMBRA ESSERE L'ELEMENTO CHE TI CARATTERIZZA MAGGIORMENTE. NON E' COSI'? P.C.: La voce per me è l'elemento centrale durante una esecuzione. Nel mio modo di esprimermi la voce ha un ruolo importante, usata insieme agli strumenti la considero come una fonte di equilibrio e di ispirazione. Molti pensano che io utilizzi chissà quali effetti elettronici, in realtà si tratta di giochi vocali con cui esploro timbricamente gli ambienti creati anche dall'elettronica, ma tutto in maniera il più naturale possibile. P.: QUINDI LA TUA RICERCA NEL COMPLESSO VERTE SUL TIMBRO, SUL SUONO, PIU' CHE SUL RITMO. P.C.: Esattamente! Tutto è ritmo, ma non lo amo finalizzato a se stesso. Parlare di ritmo mi ricorda qualcosa di caotico. Il timbro e il colore hanno invece più a che fare con l'energia psichica, che comunque batte, pulsa. E dal momento che il lato emotivo mi ha sempre comandato nella vita, ho cercato di trasporlo anche in musica. E' utile riflettere sul fatto che il ritmo agisce sulla sfera intuitiva dell'uomo. Dosare delicatamente i suoni e i timbri che hanno un carattere proprio mi ha sempre affascinato, mi permette di lasciare che gli strumenti possano, senza dover spiegare niente, "parlare per pensare" a beneficio del silenzio, del respiro, dell'improvvisazione, dell'apertura, dove il ritmo è necessariamente presente ma non prevaricante. Credo che il mio brano che si chiama "Lua" (dal portoghese Luna), sia l'esaltazione del timbro. E' un brano, all'apparenza elettronico, che eseguo solo con piatti e la voce. P.: DAI GRANDE IMPORTANZA ANCHE AL SILENZIO. CHE VALORE HA PER TE? P.C.: Il silenzio ha un suo valore e va rispettato. Un tempo esistevano luoghi sacri alla quiete e luoghi deputati al silenzio. Era sottinteso che l'uomo avesse diritto alla pace. La notte con i suoi segreti concede un po di tranquillità, non a caso è anche il titolo di un mio brano. Il silenzio in musica?.è la miglior musica. Basterebbe concentrarsi nell'equazione: più silenzio, meno note. P.: HAI SEMPRE DETESTATO LA TERMINOLOGIA: PERCUSSIONISTA EFFETTISTA, TANTO E' VERO CHE NELL'ELENCO DI STRUMENTI UTILIZZATI PER UN DETERMINATO BRANO I TUOI INTERVENTI SONO DESCRITTI COME SIMBOLI. DA DOVE VIENE QUESTA NECESSITA'? P.C.: I simboli sono la rappresentazione dell'esperienza dell'uomo. Considerare pertanto un evento sonoro come simbolo è molto affascinante; i termini effetto - effettista, spesso associati alle percussioni, lo sono molto meno. Mi piace ricordare quello che ha detto Munir Bashir: "Se la musica non esce dall'anima, resta solo il rumore". P.: COME E' COSTITUITO IL TUO SET? P.C.: Saper scegliere gli strumenti a
percussione e creare un proprio set non è facile. E'
necessario mettersi nell'ottica che avere un buon
strumento musicale vuol dire essere disposti a spendere
in maniera adeguata...molto! Si paga in termini di
esperienza propria (tempo, investimenti, viaggi,
esperimenti) o di chi ha già fatto tutto al nostro
P.: PER QUANTO RIGUARDA LA TUA ATTIVITA' DIDATTICA, CI VUOI PARLARE DEI TUOI SEMINARI? P.C.: E' un'altra cosa che mi piace
fare. Il seminario "Dall'Africa al Brasile, viaggio
sonoro attraverso la musica extraeuropea" ®
denominato non a caso "Strumenti che parlano, parole
che cantano" ®, va considerato come un itinerario
attraverso la voce, il corpo, il timbro, il suono ed il
ritmo. Mi preoccupo di sviluppare l'interesse verso la
musica extraeuropea, l'approccio con i materiali con cui
vengono costruiti gli strumenti P.: HO AVUTO IL PIACERE DI ASSISTERE ANCHE AL TUO WORKSHOP E DI VEDERE CHE E' ARTICOLATO IN MANIERA COMPLETA E SOPRATTUTTO PRATICA. CE NE VUOI PARLARE? P.C.: Assolutamente no! Scherzo! Anzi,
sai cosa ti dico? I tuoi complimenti me li
"pappo" all'istante! Il workshop, della durata
di due o tre giorni, è sviluppato in maniera che i
partecipanti possano assistere all'inizio alla lezione
concerto, successivamente concentrarsi sulla
respirazione, sull'emissione vocale, sull'uso di uno
strumento a percussione e l'uso delle mani, dei piedi e
del corpo in maniera gestuale e ritmica, per P.: VIVERE IN PROVINCIA, COSA VUOLE DIRE PER TE? P.C: Ti dà la possibilità di poter
scegliere e di vivere in una città a dimensione d'uomo.
Vedere, tanto per fare un esempio, i portali di un
palazzo, piuttosto che le macchine parcheggiate davanti.
Certo niente è facile. I contatti con altri musicisti
diventano difficili (a causa delle distanze, del tempo e
dei costi) e cercare collaborazioni nel proprio P.: SEI SEMPRE STATO MOLTO PRECISO ED ORGANIZZATO, COSA QUESTA MOLTO INSOLITA PER UN MUSICISTA. NON E' COSI'? P.C.: E' vero! L'Arte, qualunque essa
sia, se non produce miliardi, non è considerata lavoro.
Il fare musica viene considerato semplice divertimento ed
un fenomeno da baraccone. Non è lontano il periodo in
cui capitava che qualche genitore osteggiasse il
matrimonio della propria figlia con un musicista e tutto
questo ancora fa sentire il suo peso. Troppo spesso lo
stesso musicista non difende la propria immagine e non si
sa gestire. Sentendosi esonerato da qualunque tipo di
responsabilità, sta ad aspettare che gli arrivino le occasioni. Sembra che
nei momenti "neri" di non guadagno non sia in
grado di poter fare altri lavori, come se questo potesse
degradare il suo essere "artista". In realtà
oggi il musicista deve saper fare fax, scrivere lettere,
usare il telefono, meglio ancora usare il computer e la
posta elettronica. Quando si vede un musicista che ha
avuto successo, non è fortuna, ma capacità e
professionalità. L'impegno a curare i P.: COME MAI E' SEMPRE PIU' DIFFICILE SUONARE? P.C: Una cosa è certa: più
diventi conosciuto, meno suoni! Oggi è triste la
situazione dei teatri e dei festivals e non lo è da meno
quella dei locali. I gestori quasi sempre mettono musica
dal vivo per vendere più birra. Incontro ogni tanto
qualche collega e gli chiedo cosa stia facendo. Alla loro
affermazione che stanno suonando moltissimo e dovunque,
gli chiedo: "buon per te! ma quanto paghi?". La
risposta: "Beh! cosa vuol dire". Fino a quando ci sono in giro
musicisti che pur di suonare sono disposti a pagare, non
credo che le cose possano andare bene. Sono pochissimi i
musicisti che entrando in un locale o in un teatro
cercano di informarsi sulle condizioni della
struttura che li ospita, intendo: pedana, luci,
amplificazione, cena, etc.. Molti organizzatori e
musicisti pensano che il pubblico non sia in grado di
capire certe proposte, in realtà le capisce molto bene,
il più delle volte le subisce in silenzio. Un
atteggiamento che sta prendendo piede negli ultimi anni
è quello di proporre sempre progetti nuovi ed originali,
come se riproporre lo stesso concerto, ben riuscito,
fosse una cosa mal fatta e controproducente. Ne consegue
che suoni in una città, il pubblico ti rivorrebbe vedere
in tempi brevi, invece ci ritornerai solo due o tre anni
dopo. C'è la mania del usa e getta. Inoltre ci sono
troppi musicisti che stanno sul palco pretendendo di
essere P.: HAI SEMPRE SOSTENUTO PRINCIPI COME L'INTEGRAZIONE, IL RISPETTO E LA COMPLICITA'. COSA VOGLIONO DIRE PER TE? P.C.: E' innegabile che la
buona riuscita di un concerto è frutto della coesione,
del rispetto e della esperienza di tre professionalità:
musicista, organizzatore e fonico. Cose queste che
interessano sia l'interprete che il fruitore, vale a dire
colui che fa la musica e colui che la ascolta. Per questo
motivo, il musicista che va a suonare, in qualunque
contesto sia, deve interessarsi degli aspetti che lo
circondano che sono fondamentali per la buona riuscita
del concerto e che non riguardano solamente la buona
Tatjana Kostiucick
(Giuseppe) PEPPE CONSOLMAGNO
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