Interviste
JAZZITALIA
Settembre 2003
Intervista
a Peppe Consolmagno
di Claudia Belchior
CLAUDIA
BELCHIOR: Mi dai una piccola definizione di Peppe Consolmagno musicista
percussionista.
Peppe Consolmagno: Il mio punto di partenza è sempre stato
lasciar "parlare" prima gli strumenti e successivamente
"dialogare con loro". E' un modo per fare musica, non l'unico è
ovvio, ma è quello con il quale mi sento a mio agio. I miei insegnanti sono
stati, nel bene e nel male, la vita ed i rapporti familiari. Ho fatto
diversi lavori e sempre con l'idea fissa di poter fare sopravvivere
dignitosamente la mia libertà. Non è stato facile e non lo è tuttora, ma
la mia disponibilità verso la conoscenza, la curiosità per i dettagli e le
cose genuine, la coerenza e la sincerità oltre qualsiasi limite, hanno
sempre preso il sopravvento. Nessuno inventa niente, è difficile essere il
primo a fare qualcosa, specialmente in questi ultimi anni, da quando si
trova tutto, si conosce tutto. Non provenendo da una famiglia di musicisti e
vivendo in Italia in una regione come le Marche, al confine con la Romagna,
tutto sommato ricca di riferimenti folclorici ma a me strutturalmente
lontani, mi sono messo alla ricerca di musiche e culture che potessero
stimolare la mia sensibilità. L'ho fatto senza avere un'idea precisa di
dove sarei voluto andare. Si è trattato dunque di un cammino lungo ed
articolato, che non ha riguardato esclusivamente l'aspetto musicale. La mia
musica è una sintesi di più culture. Essa nasce dal mio vissuto quotidiano
e dalla mia esperienza personale, dagli incontri fatti, dai miei viaggi.
Ancora prima di scegliere di diventare musicista, avevo la passione (che
caratterizza ancora oggi la mia ricerca),per la manualità e per la
costruzione di cose. Di conseguenza, la scoperta della musica ha coinciso
con un vivo interesse verso la fattura degli strumenti musicali, dei
materiali con cui sono costruiti ed in particolare per il suono.
Contemporaneamente ho portato avanti una ricerca sulla voce, sulla
gestualità e sulla fisicità del fare musica. Questo aspetto ha costituito
per me il primo aggancio concreto con la musica.
CB:
Quale
e' l'esperienza che hai tratto dal Brasile come ricchezza per il tuo lavoro
in Europa?
PC: Sono stato in Brasile la prima volta nel 1985. E' un
Paese che mi ha sempre affascinato ed ho trovato nella sua maniera di vivere
la musica molta affinità con la mia sensibilità. Avevo l'esigenza di
verificare sul campo se quello che avevo appreso dall'ascolto dei dischi e
dalla lettura dei libri, era corrispondente al vero. Ho scritto tanto sul
Brasile per quotidiani e riviste italiane, e sempre in maniera molto ben
documentata, che mi ha fatto avere ottimi apprezzamenti anche in Brasile. E'
un paese che amo profondamente anche con tutte le sue contraddizioni. Questa
maniera di misturare tutto, la mescola di tre colori: giallo, bianco
e nero, che fanno la ricchezza del Brasile, hanno sempre contagiato la mia
vita. Non suono musica brasiliana, ma la mia maniera di sentire è legata al
balançou e al suono delle
parole in portoghese brasiliano. Gli stessi titoli delle mie composizioni
sono spesso in questa lingua, come Lua con cui ho aperto il concerto
del 24 ottobre dello scorso anno a Firenze con Nana Vasconcelos
CB: Quale e' il messaggio che cerchi di trasmettere attraverso
i tuoi strumenti e dal tuo suono?
PC: Quando suono non amo dare spiegazioni per così dire
tecniche. Mi piace invece raccontare per introdurre le persone che non mi
conoscono all'ascolto della mia musica. E questo lo faccio con la voce, con
i miei strumenti e con il silenzio. Nel mio modo di esprimermi la voce ha un
ruolo importante, usata insieme agli strumenti la considero come una fonte
di equilibrio e di ispirazione. Il silenzio ha un suo valore e va
rispettato. Basterebbe concentrarsi nell'equazione: più silenzio, meno
note. Mi piace ricordare quello che ha detto Munir Bashir: "Se
la musica non esce dall'anima, resta solo il rumore". La mia
melodia è solare ed introspettiva, spontanea allo stesso tempo. I miei
brani sono costellati di ricordi ed immagini di vita, dell'infanzia, di
viaggi, di paesaggi,sentimenti e visioni fantasticheche cerco di comunicare
con i suoni. Non mi interessa solo il ritmo, ma anche il lato emotivo e
psicologico della creazione musicale. Tutto è ritmo, ma non lo amo
finalizzato a se stesso. Parlare di ritmo mi ricorda qualcosa di caotico. Il
timbro e il colore hanno invece più a che fare con l'energia psichica, che
comunque batte, pulsa. E siccome il lato psicologico, emotivo, mi ha sempre
comandato nella vita in generale, ho cercato di trasportarlo anche in
musica. Quando sono sul palco mi trovo benissimo, ci salgo ogni volta con un
forte senso di responsabilità. Sul palco mi rilasso o per lo meno mi viene
offerta la possibilità di farlo, cosa che magari non accade facilmente
nella vita. La voce, il silenzio, il timbro e il ritmo sono facce della
stessa medaglia di un comune denominatore chiamato musica. Per me esiste una
relazione specifica tra questi elementi, e molto sinteticamente posso dirti:
la voce come equilibro, il silenzio come musica, il timbro come emozione e
il ritmo come pulsazione.
CB:
Come
è stato suonare con Nana Vasconcelos dopo questo periodo di sua assenza qui
in Italia, tu lo conosci bene, e che cosa di nuovo succederà?
PC: E' stata un'esperienza eccellente. E' stato magnifico suonare
con lui ad esempio: l'omaggio a Don Cherry e Collin Walcott, Nana
con il Berimbau
ed io con i Caxixi. Io e Nana ci troviamo perfettamente d'accordo
sull'idea di usare i propri strumenti a percussione nel senso di orchestra e
non del ritmo finalizzato a se stesso. Con lui condivido un percorso
particolare: abbiamo diversi punti in comune nella nostra ricerca. Senza
dubbio la sua musica ha costituito un punto di riferimento per molti
musicisti nel mondo, me compreso. I miei rapporti con Nana sono ottimi, io
stesso ho curato il suo arrivo in Italia per il concerto di Firenze del 24
ottobre. E' stato a casa mia per tre giorni così abbiamo potuto parlare
parecchio e consolidare maggiormente la nostra amicizia. Il fatto che sia
mancato in Italia per diverso tempo e' legato al fatto che spesso gli
organizzatori italiani non dispongono di situazioni e collocazioni adeguate.
Tutti lo vogliono, tutti gli propongono qualcosa, molti passano attraverso
me, poi alla fine qualcosa si inceppa. Quali sono gli elementi che fanno
accadere questo? mancanza di correttezza, di chiarezza, di capacità, mi
sembra che possa bastare. Il fatto che questa volta Nana e' stato qui,
grazie al mio impegno che fa fede alle aspettative di Nana, anche se
disturbato da una cattiva organizzazione, sfata tutte le leggende sulla sua
inaffidabilità e tante altre cose... Mi auguro che questa esperienza si
possa ripetere al più presto. Come si dice in Brasile: tudo bem no ano
que vem...tutto bene nell'anno che viene.
Claudia Belchior
JAZZITALIA
Settembre 2003
Giuseppe) PEPPE
CONSOLMAGNO Strada Serre, 7 - 61010
Tavullia (PU), Italy, Tel/Fax: 0721 476230 - Cell. 3388650981 - e-mail: info@peppeconsolmagno.com
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