Interviste
Rivista DRUM
Club
n° Dicembre 1999 - Gennaio 2000
Peppe Consolmagno e
la sua storia fatta di tamburi
di Stefano Galvani
Foto di Stefano Galvani
A vederlo,
con la sua lunga barba, l'abbigliamento esotico e lo
sguardo mite, talvolta perso in altri mondi, Peppe
Consolmagno sembra un personaggio d'altri tempi, uscito
forse da una striscia di Corto Maltese o forse dalle
pagine di un romanzo di Konrad.
Ma, al di là della fantasia, Consolmagno
è un personaggio in carne ed ossa, con tutta la sua
storia di musicista, viaggiatore, musicologo e
costruttore di strumenti a percussione. Il singolare
cammino di un artista-artigiano che, innamoratosi delle
musiche extraeuropee negli anni '70, in particolare
quelle brasiliane, ha compiuto numerosi viaggi per
approfondire sui luoghi ciò che lo appassiona. Dando
pure origine ad un progetto artistico permeato sulla voce
e sulle percussioni, oltre alla significativa attività
di costruttore di strumenti che ha potuto tra l'altro
mettere a punto per musicisti di vaglia quali Nana
Vasconcelos, Trilok Gurtu, Cyro Baptista
.
Accanto a questa sua attività, affianca
il suo impegno nella didattica, attraverso i suoi
happening con i giovani percussionisti e le sue
pubblicazioni specifiche.
Come
e' nato il tuo interesse per il mondo della percussione?
Non provenendo da una famiglia di
musicisti e vivendo in una regione come le Marche, al
confine con la Romagna, tutto sommato ricca di
riferimenti folclorici ma a me strutturalmente lontani,
mi sono messo alla ricerca di musiche e culture che
potessero stimolare la mia sensibilità. L'ho fatto senza
avere un'idea precisa di dove sarei voluto andare. Si è
trattato dunque di un cammino lungo ed articolato, che
non ha riguardato esclusivamente l'aspetto musicale.
Di
fatto come hai mosso i primi passi?
Ancora prima di scegliere di diventare
musicista, avevo la passione (che caratterizza ancora
oggi la mia ricerca), per la manualità e per la
costruzione di cose. Di conseguenza, la scoperta della
musica ha coinciso con un vivo interesse verso la fattura
degli strumenti musicali, dei materiali con cui
sono costruiti ed in particolare per il suono.
Dunque,
la molla e' stata la curiosità di conoscere struttura ed
impiego di determinati strumenti?
Esatto, questo aspetto ha costituito per
me il primo aggancio concreto con la musica. A quel
tempo, non potendo viaggiare non conoscevo determinate
culture extraeuropee che mi affascinavano, così ho
incominciato una ricerca su quel poco che arrivava in
Italia: dischi e strumenti musicali, impegnandomi con
molta immaginazione per comprendere il più possibile
l'essenza di quelle forme di espressione.
Contemporaneamente ho portato avanti una ricerca sulla
voce, sulla gestualità e sulla fisicità del fare
musica.
Attraverso
quali dischi hai scoperto gli strumenti ed i suoni che ti
affascinavano?
Ascoltavo molta musica trasmessa dalla
radio, quando un giorno sentii due suoni che mi colpirono
in modo particolare. Impiegai molto tempo per saperne di
più. Sai cosa erano? Guarda caso proprio il Berimbau
e i
Caxixi. E sai chi li suonava? Proprio Nana
Vasconcelos.
La sua musica mi aveva colpito molto. Non era come adesso
che è possibile trovare e vedere di tutto: in quel
periodo era molto difficile reperire i materiali, gli
strumenti o le informazioni su come costruirli o dove
acquistarli. Basandomi su quelle poche e piccole
fotografie che trovavo sui dischi o sui libri, ho
incominciato a costruire degli strumenti che mi
permettessero di ottenere i suoni che avevo ascoltato.
Così, ben presto realizzai un set personalizzato non
molto differente da quello che utilizzo oggi.
Come
e' composto esattamente il tuo set?
Tutti gli strumenti stanno all'interno di
un perimetro ben preciso, delimitato da un tappeto che
concepisco come la cornice di un quadro. Fin dall'inizio
avevo il Berimbau, i Caxixi, le Zucche, i Tamburi ad
Acqua, gli Udu (vasi sonori), il Talking Drum (tamburo
parlante), la Conga, il Gong birmano, le Tazze da
meditazione, l'Acqua, i Piatti e i Semi.
Strumenti
autocostruiti?
Quasi totalmente. All'inizio mi ero
costruito il Berimbau, i primi Caxixi, a cui hanno fatto
seguito varie modifiche sino a quelli definitivi attuali,
gli Udu e svariate cavigliere. Come ti ho già detto, era
praticamente impossibile trovare questi strumenti in
commercio. Per quanto riguarda l'Udu ad esempio, si
sapeva solo che Nana lo suonava: in effetti è stato lui
che lo ha divulgato al mondo intero tanto che la gente
pensava e pensa tuttora che sia uno strumento brasiliano,
mentre è africano. Esiste anche un vaso simile, ma con
un foro soltanto, che viene dall'India, e si chiama
Ghatam.
E i
risultati sonori?
Non del tutto a caso, ma gli strumenti
suonarono subito bene. Apportai successivamente alcune
modifiche per renderli il più possibile vicini alla mia
voce ed alle mie esigenze espressive. Per me era ed è
importante costruire veri strumenti musicali e non
semplici cose che suonano. Ogni strumento ha una sua
storia che corrisponde ad un particolare sentimento, ad
un simbolo, a qualcosa che voglio evocare. La mia musica
è una sintesi di più culture. Essa nasce dal mio
vissuto quotidiano e dalla mia esperienza personale,
dagli incontri fatti, dai miei viaggi.
A
proposito dei tuoi viaggi in Brasile, ce ne parli più in
dettaglio?
Sono stato in Brasile la prima volta nel
1985. E' un Paese che mi ha sempre affascinato ed ho
trovato nella sua maniera di vivere la musica molta
affinità con la mia sensibilità. Arrivai all'Aeroporto
di Rio de Janeiro, mi fermai solo una notte e ripartii
per la Capitale dell'Amazzonia, Manaus. Ti racconto un
aneddoto: molti mi dicevano che in Brasile, in ogni
angolo della strada, avrei trovato qualcuno che suonava,
la musica era dovunque eccetera, eccetera. In realtà
niente di niente. Quando si parla, è necessario essere
ben documentati e gli italiani in questo non sono di
certo i portavoce più affidabili. Niente musica
brasiliana in aereo durate l'attraversata dell'Oceano,
niente musica brasiliana nell'autobus per arrivare
all'Hotel, niente musica brasiliana in Hotel, niente
musica brasiliana nell'aereo che mi portava a Manaus.
Sapevo che in Amazzonia avrei trovato un tipo di musica
che si chiama "Forro", così dopo una doccia
veloce in hotel, via di corsa verso un locale vicino al
porto. Ordinai una bella birra gelata, e ancora niente.
Molto tempo dopo sentii arrivare della musica romantica
dall'interno del locale. Mi dissi: "è ora!"
Poi la musica si fece sempre più chiara
.era
Gigliola Cinquetti!
Allora
cosa hai scoperto durante quel primo soggiorno?
Avevo l'esigenza di verificare sul campo
se quello che avevo appreso dall'ascolto dei dischi e
dalla lettura dei libri, era corrispondente al vero.
All'inizio non fu affatto facile. Assistere per esempio
ad un rituale di Candomblè o di Umbanda era (ed è)
molto complicato. Ogni volta che chiedevo un'informazione
su dove trovarlo, mi indicavano sempre il giorno ed il
luogo sbagliato. La stessa cosa capitava con gli
strumenti musicali. Oggi non è cambiato molto, tuttavia
qualcosa va meglio.
Hai
potuto acquistare degli strumenti?
Trovare dei buoni strumenti in Brasile è
difficile. Normalmente i musicisti brasiliani si affidano
o al mercato nord americano, o all'artigiano "vatti
alla pesca". In realtà, mi sono preoccupato di fare
confronti tra quello che il mercato brasiliano offriva e
la maniera con cui i musicisti impiegavano strumenti
strettamente personali.
Raccontaci
dei tuoi incontri con i musicisti brasiliani
I rapporti migliori, dal punto di vista
professionale, li ho riscontrati non a caso con i
musicisti brasiliani che vivono fuori del Brasile, primi
fra tutti Nana Vasconcelos. Con lui condivido un percorso
particolare: abbiamo diversi punti in comune nella nostra
ricerca. Senza dubbio la sua musica ha costituito un
punto di riferimento per molti musicisti nel mondo, me
compreso. Ci siamo conosciuti circa 15 anni fa anche se
il rapporto di collaborazione sulla costruzione di
strumenti è nato 4 o 5 anni fa e sto aspettando
ulteriori sviluppi. Sono stato invitato da lui, per due
anni consecutivi come unico europeo, al PercPan di
Salvador Bahia (Festival Internazionale della Percussione
nel quale Nana è il direttore artistico) come
giornalista e cronista Rai. Inoltre a Nana ho costruito
un set di Caxixi su sua richiesta e un piccolo Udu.
Anche Cyro Baptista ha i miei caxixi, lui
usava quelli vecchi di Nana, poi qualcuno glieli rubò ed
io corsi immediatamente ad aiutarlo. Anche Cyro è una
splendida persona. Un altro amico è Sérgio Boré che ha
vissuto per molto tempo ad Amburgo, in Germania, e da un
po' è tornato nel suo Brasile. Anche il batterista
Duduka Da Fonseca, che suonava con Jobim, ha i miei
caxixi, così come la cantante Flora Purim
...
Sappiamo però che hai avuto modo di consolidare rapporti di
amicizia con musicisti non brasiliani
.
Sì, uno di questi è Trilok Gurtu. Anche
lui suona con i Caxixi che gli ho costruito su sua
richiesta. Un altro è lo specialista dei tamburi a
cornice, Glen Velez. Lui mi aveva fatto una richiesta
particolare: otto Caxixi con quattro differenti
grandezze, suoni e colori. E' stato un lavoro complesso,
ma quello che è importante per me è riuscire a
costruire uno strumento su misura per il musicista che te
lo chiede.
Dunque
per queste occasioni come ti sei regolato?
E' necessario entrare in qualche modo in
intimità con la persona, conoscere il suo stile, la sua
musica. Trilok, per esempio, utilizza la tecnica di Nana,
ma preferisce suoni più scuri.
Ulteriori
dettagli sul tuo lavoro di costruttore di strumenti
musicali?
Sono contento di avere l'opportunità di
parlarne tramite una rivista specializzata. Per prima
cosa vorrei chiarire che a tutt'oggi ho costruito
strumenti musicali per me o solo per colleghi appena
citati. Mi sto organizzando per costruire i miei
strumenti col supporto di un marketing adeguato, e fino a
quel momento non farò niente. Ricevo richieste
telefoniche e posta elettronica da diverse parti del
mondo: dunque spero di poter concretizzare questo lavoro
al più presto. La cosa che mi suona strana in
Italia, è che quando arriva l'ora di organizzare dei
seminari su determinati strumenti musicali, vengono
interpellati solamente i "imitatori" e non gli
"autori"!
Hai
dato vita ad alcuni strumenti oppure ti sei limitato a
realizzare versioni personalizzate di quelli
esistenti?
Francamente, credo che inventare qualche
cosa di nuovo oggi sia quasi impossibile, mentre è
possibile tradurre qualche cosa di già esistente e
renderlo più utile e funzionale. Non tutto quello che
utilizzo per fare musica è autocostruito. Se mi capita
di trovare sul mercato uno strumento di ottima qualità,
che ha un suono che mi colpisce ed è facile da
trasportare, allora lo adotto. Poi, una volta a casa,
sento la necessità di conoscerlo meglio e di
modificarlo.
Ci
descrivi lo spettacolo che fai da solo: e' definibile
come un viaggio in musica?
Sì, si tratta di un spettacolo a cui
l'amico giornalista e dj Rai Marco Boccitto aveva
battezzato "Timbri dal Mondo", il titolo che
sto utilizzando tuttora. E' un racconto a tempo unico,
suddiviso tra nove, dieci brani: ognuno di essi ha
una sua storia e un suo strumento leader. Tutto è
incentrato sulla voce utilizzata come canto o come
strumento. Per me la voce è un elemento di equilibrio.
Per questo motivo, ho un rack che racchiude i miei suoni,
anche se questo spesso crea difficoltà con gli
organizzatori, per il tipo di professionalità e di costi
che richiede. L'italiano è abituato a impegnarsi solo
quando arrivano gli americani
.
Mi sono esibito sempre con successo, in
svariate situazioni. In Italia, come all'estero, di
fronte a 50 persone, come a 1500 persone. In Teatri,
club, e all'aperto. Per una persona come me che si è
"costruita" da sola, è stato consequenziale
riuscire a fare uno spettacolo solistico che deve per
forza di cose, rispettare i tempi teatrali: ritmo, pause,
silenzio, illuminazione, fonica, gestualità, rapporto
con il pubblico. L'handicap è che proponendolo come
spettacolo di percussioni, va a tradire quello che
faccio. E poi la gente ti vede da solo e pensa che suoni
solamente da solo e questo è molto limitante: se ti
vedono con uno strumento in mano, per loro suonerai
sempre e solo quello
..
I tuoi
spettacoli hanno pure un fine didattico e divulgativo?
Quando suono non amo dare spiegazioni per
così dire tecniche. Mi piace invece raccontare qualcosa
per introdurre le persone che non mi conoscono
all'ascolto della mia musica. Nei seminari o nei
workshops, invece, mi dilungo di più. Il seminario, ad
esempio, è intenzionalmente suddiviso in tre: una parte
parlata, una parte suonata, (i partecipanti hanno modo di
vedere a poca distanza alcuni miei strumenti e sentirli)
ed una parte insieme. Con i bambini invece, parlo molto
meno e mi preoccupo di suonare di più: è quello che si
chiama: "lezione concerto". Il mio workshop,
invece, inizia con il seminario aperto a tutti, poi si
passa al laboratorio ritmico vero e proprio con lo scopo
di creare uno o due brani da eseguire sul palco insieme a
me.
Sappiamo
dei tuoi studi di musicologia e dell'attività di
giornalista, ce ne parli?
Nel corso dei miei viaggi ho ricercato
dischi e materiale per i miei studi. Come ti dicevo
prima, credo che sia importante conoscere la vita
quotidiana del paese che sto visitando. E lo faccio
meglio, frequentando "ferramenta, cucine e
bagni"!. Sono sempre stato una persona precisa e
responsabile, che deve badare a sé stessa ed alla sua
vita di tutti i giorni (devo pensare alle bollette da
pagare, all'auto, alla casa, alla denuncia dei redditi e
via dicendo), cose che se da un lato mi fanno suonare
meno, dall'altro, al contempo, mi fanno valutare al
meglio le proposte che mi arrivano. Tuttavia la mia
voglia di fare musica è grande e perché non soddisfarla
anche attraverso la scrittura?. Ecco dunque che collaboro
con Il Manifesto e con riviste musicali specializzate
italiane (vedi ad esempio World Music, Strumenti
Musicali, Jazz , Percussioni) o straniere. Mi interessa
sviluppare discorsi con persone con cui ho qualcosa in
comune: il tutto per amplificare il mio, e forse il loro,
modo di vedere la vita. La cosa importante per me, è
scrivere in maniera documentata e precisa. Un'attività
che mi piace molto anche se, purtroppo, molto poco
remunerativa
.. ma anche questo fa parte del gioco.
Sebbene la cultura costituisca il patrimonio dei popoli,
viene sempre vissuta come divertimento: pare sempre che
bisogni soffrire per essere pagati, mentre chi soffre
lavora male. Allora che fare?
Chiudiamo
con i tuoi ultimi progetti musicali?
Accanto al mio "Timbri dal
Mondo", propongo un'ulteriore situazione di musica,
ovvero il doppio concerto con l'amico Luis Agudo da poco
tornato in Italia. Si tratta di due performances
individuali, di circa 45 minuti ciascuna che chiudono lo
show con alcuni brani suoniamo assieme. Il nostro
modo di lavorare è al contempo differente e
complementare, uno show che mi piacerebbe poter proporre
di più ma che viene limitato dal solito problema dei
costi, poiché tutti vogliono tutto, il meglio, senza
spendere una lira. Organizzatori che col budget di tre
concerti ne vorrebbero dieci e dunque tutta la tattica
dello sconto che ti chiedono. Cercano, ad esempio, di non
farti arrivare con il tecnico personale. Se aggiungiamo
che a tale pochezza corrisponde spesso anche la poca
cortesia!... Per fortuna, il bello del viaggiare e del
proporre le tue idee, è che ti fa incontrare anche
persone speciali. Come è il caso di Alessandra Belloni e
Glen Velez, entrambi specialisti dei tamburi a cornice
legati alla Remo (la nota fabbrica statunitense) con cui
adottiamo la formula dello spettacolo suddiviso in parti
solistiche con a chiusura una performance d'insieme.
Purtroppo vivono a New York ed nostri incontri sono
saltuari. Tuttavia è una proposta dalla straordinaria
complementarietà: Alessandra con le sue Tammorriate,
Glen con le sue fantastiche celebrazioni quasi
matematiche ed il sottoscritto con la sua creatività
timbrica e la poesia. Infine vorrei citare l'ulteriore
situazione di cui faccio parte: Shellvibes, gruppo di
sette elementi così suddivisi: quattro suonatori di
conchiglie (ma anche di trombone, tromba, sax soprano e
corno), più un contrabbasso, un vibrafono, voce e
percussioni. E' un gruppo giovane ed in crescita e,
ritengo stia facendo cose interessanti...
Stefano Galvani
(Giuseppe) PEPPE CONSOLMAGNO
Strada Serre, 7 - 61010 Tavullia (PU),
Italy, Tel/Fax: 0721 476230 - Cell. 3388650981 - e-mail: info@peppeconsolmagno.com
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